TRATTO DA:


Clonati e mazziati

Un carro funebre sospetto di pirateria stradale.
Un poliziotto accusato di omissione di soccorso a Pozzuoli senza esserci mai stato. Tutta colpa di un giro di vetture rubate e «riciclate».

di
PAOLO CHIARIELLO
 

19 APRILE 2002
 

Pioltello, comune di 33 mila anime confinante con Segrate e Cernusco sul Naviglio: nella sede dell'impresa di pompe funebri locale piomba l'ufficiale giudiziario. Da Napoli un ufficio legale reclama l'immediato risarcimento dei danni per un sinistro provocato da una vettura intestata alla società lombarda. L'auto pirata è scappata dal luogo dell'incidente, ma il danneggiato è riuscito a rilevare il numero di targa. I titolari dell'azienda meneghina cadono dalle nuvole. La targa dell'automobile corrisponde, il veicolo però è un carro funebre che non si è mai mosso da Pioltello. Uniche trasferte compiute, quelle verso i cimiteri di Milano e Monza. Il fatto viene denunciato anche alla procura milanese.
Milano. Gabriele C., poliziotto, presta servizio alla Divisione anticrimine della questura. È proprietario di una Fiat Bravo di colore blu che utilizza a Milano o per tornare a casa, a Perugia. Un bel giorno si vede recapitare una trentina di multe per infrazione al Codice della strada, tutte commesse a Napoli. Fa ricorso al prefetto per non pagare, spiega di non essere mai stato in quella città. Un giorno però l'ufficiale giudiziario si presenta in questura per notificargli una richiesta di risarcimento danni di un avvocato napoletano per un incidente avvenuto nel porto di Pozzuoli (Napoli) con la sua auto. Con un'aggravante: secondo il legale l'uomo alla guida era scappato commettendo anche il reato di omissione di soccorso nei confronti del suo cliente rimasto lievemente ferito. Il poliziotto presenta denuncia alla procura di Milano. A Napoli i vigili urbani rintracciano una Fiat Bravo identica in tutto e per tutto a quella del poliziotto. Alla guida c'è il nipote di un boss della camorra, pregiudicato. Lo arrestano.

Ma come è possibile? Si tratta di auto clonate, di auto cioè che una volta rubate, in tutt'Italia, vengono trasformate in gemelle di altre già esistenti. Hanno targa, documenti identificativi e targhette del telaio uguali ad altre che circolano quasi sempre a Napoli. Un esempio? Una utilitaria viene rubata a Roma e risulta di proprietà di una signora napoletana che possiede lo stesso tipo di vettura ma di colore diverso. La targa, falsificata, è la stessa. Il libretto di circolazione della vettura-clone è vero, è stato rubato in bianco a Chieti e riempito con i dati della proprietaria della macchina «vera». L'assicurazione è stata «stipulata» su un modello vero ma con i dati della malcapitata automobilista napoletana e reca anche la sua firma. Falsa anche quella.

Un business miliardario visto che i veicoli coinvolti potrebbero essere migliaia a giudicare dalle segnalazioni giunte alla polizia municipale. A gestire l'affare un'organizzazione criminale articolata e complessa, che si avvale sicuramente anche di persone vicine alla camorra. Ne è convinto anche il generale Giosuè Candita, comandante dei vigili urbani, per anni ufficiale dei carabinieri nei reparti operativi, anche lui vittima delle auto clonate: i colleghi di Milano gli hanno recapitato due multe per infrazioni commesse in zona Duomo, dove giura di non essere mai stato in auto. Candita ha costituito un Ufficio per la ricerca di auto clonate e ha dotato il capo dell'ufficio, l'ispettore Antonio De Felice, che da mesi indaga su questo fenomeno, di un giubbotto antiproiettile.
È lui che in questa inchiesta ha già arrestato 28 persone e recuperato 37 auto clonate. L'ultimo colpo a Napoli dove ha bloccato una Lancia Y clonata, identica a quella di un ferroviere napoletano che se l'è vista passare sotto il naso a un incrocio. È lui che sta caricando di lavoro il Poligrafico dello Stato di Foggia, un ufficio che sta studiando le tecniche di clonazione di targhe e libretti per capire come porvi rimedio. Ma i danni collaterali del fenomeno sono devastanti. Per l'erario del Comune di Napoli, oltre che per gli automobilisti truffati. Solo nel 2000 il giudice di pace ha condannato il municipio a non incassare i proventi di contravvenzioni per un ammontare di circa 2,6 milioni di euro, oltre al pagamento delle spese giudiziarie.
Danni economici anche per la Tangenziale, società satellite delle Autostrade Meridionali, che ha visto passare senza pagare ai caselli dell'asse viario napoletano centinaia di automobilisti con targhe contraffatte e ci ha rimesso anche le spese per inviare a casa dei malcapitati titolari delle auto con targhe vere una sanzione che non pagheranno mai. Ma a Napoli, spiegano alla società autostrade, sono riusciti a clonare anche il Telepass.

 
 

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