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Targhe e permessi falsi Smantellata la gang Le stamperie erano nel Milanese. Le indagini partite da Torino lo scorso settembre dopo la scoperta di due covi a Porta Palazzo |
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Un ipermarket del documento falso,
la centrale a cui si rivolgevano «clienti» da tutta
Italia. Lo hanno scoperto e smantellato gli agenti della polizia
giudiziaria della Stradale, partendo da un banale (ma sofisticato)
furto di una Mercedes C220 a cui erano state già clonate
targhe e documenti, già pronta a partire per il Marocco.
Undici gli arresti nel Nord-Ovest ma l´operazione, coordinata
dal pm Antonio Rinaudo è ancora in corso e potrebbe riservare
altre sorprese. Le stamperie erano nel Milanese, in città
e a Rozzano, in due box dove la polizia di Torino, in collaborazione
con i colleghi di Milano e Bergamo, ha trovato patenti di guida,
carte d´identità, falsi permessi di soggiorno, carte
di circolazione, certificati di proprietà e tagliandi
assicurativi. Tutti falsi, compresi i timbri delle questure,
dei vari uffici coinvolti nel business, dalla Motorizzazione
ai Comuni e per finire con il Pubblico registro. «Copie
perfette - spiegano i poliziotti - molto più raffinate
di quelle individuate in altre situazioni». I capi? Quasi
tutti maghrebini, con gli italiani ridotti al ruolo di comparse
o di luogotenenti. I nomi, in realtà, possono dire poco
o nulla. Come quello dei fratelli Hassan e Rachid Bouras, residenza
a Milano, documenti regolari, personalità di spicco nella
comunità musulmana che però erano in grado di avere
a disposizione documenti in bianco originali, sulla cui provenienza
- e sulla loro destinazione finale - sta lavorando un pool interforze,
Interpol compresa. I torinesi sono tre: i marocchini Rachid Fekrane
e Rachid Fkar, clandestini, casa a Porta Palazzo, due specialisti
nel furto di auto di grossa cilindrata, più un nomade,
Dijuliano Halilovic, che può essere invece definito come
un commerciante, uno dei coordinatori del traffico di auto di
lusso. Restano sullo sfondo gli altri comprimari: Fulvio Danese,
di Rozzano, titolare del box, la signora Marina Cicalò
(agli arresti domiciliari nel Pavese, dove abita); Carlo Colleoni,
Bergamo; Gabriele Sirago Amos, Milano; Moudrik el Moustapha,
Milano e Lahoussine Zentar, Milano. All´appello mancano
ancora tre extracomunitari, ancora latitanti e inseguiti dallo
stesso ordine di custodia cautelare delle altre 11 persone già
in cella. Ad alto tasso tecnologico il sistema di clonazione
delle auto: documenti, targhe, le numerazioni dei telai erano
così perfetti che neppure le forze dell´ordine erano
in grado di riconoscerle, nel corso dei controlli routine. Il
lamierino delle targhe ha lo stesso spessore di quelle vere,
stampate dal Poligrafico dello Stato, sigla. Così le mascherine
di plastica, identiche alle originali, le dimensioni e le distanze
dei fori per le viti, le grafiche e le tonalità dei colori.
Le targhe servivano per «ripulire» le centinaia di
auto rubate a Torino, in Piemonte e Lombardia, soprattutto Mercedes,
Bmw, Porsche, Audi, destinate ai mercati del Nord Africa. Auto
rubate, molto spesso rapinate, nel corso di «assalti»,
spesso programmati da un basista, in ville o aziende. A settembre
2002, il simbolo della prima tranche dell´inchiesta fu
il volto incorniciato dall´hijab di Sanaa Boutbouch, 22
anni, una marocchina abile con timbri e computer, già
fotosegnalata due volte. Oltre a Sanaa, erano finiti in cella
anche padre e figlio arrivati a maggio dal Marocco, Abdelhak
Nahdi, 50 anni, e Nourredine, 26; Taibi Faith, 33 e Ouzzif El
Moustapha, 39. A dicembre 2001, Sanaa era stata arrestata (e
poi scarcerata pochi giorni dopo), in un altro covo, a Porta
Palazzo. Ancora latitante dal 17 luglio il «capo».
Forse s´è rifugiato in Marocco. M.N. |
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