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Un mappamondo di targhe

12 marzo 2003
 
MONZA — Tutto iniziò dopo un viaggio negli Stati Uniti. Luci, colori, tanta gente nuova e quelle macchine dalla targhe coloratissime e originali. Affascinanti. Alessandro Libanore non ci pensò due volte. Con le auto e i motori nel Dna (il padre gestisce un'officina in via Amati) accantonò la raccolta di elmetti militari e iniziò la sua nuova collezione: targhe. Da quel 1993 sono passati dieci anni, ma la passione ha continuato a crescere.
Oggi i pezzi raccolti sono quasi duemila, provenienti da tutto il mondo. Alcuni, quelli storici, brillano attaccati alle pareti di una stanza («il mio quartier generale», precisa Alessandro, 36 anni), altri sono riposti in scatoloni che, numerossissimi, invadono la casa. Tra le chicche della collezione, le targhe italiane dei primi anni del Novecento («quelle cui sono più affezionato», confida Alessandro): così lucidatissima, ecco «Roma 0101», d'epoca fascista e appartenente al corpo diplomatico; poi quella dell'Eritrea, risalente al periodo in cui il Paese africano era colonia italiana; quella dove, al posto della sigla della provincia, c'è un numero. Serve un tuffo nel passato per trovare la spiegazione: «All'inizio - precisa Libanore (nella foto immerso nelle sue targhe) - alle città corrispondeva un numero progressivo, secondo le iniziali del nome della località; Ma Roma, ad esempio, era collegato il 55». Italia mon amour, ma non solo.
Nella raccolta, ogni Stato ha la sua targa. C'è la Nigeria, il Sudan, il Libano, l'Argentina. C'è una targa californiana del 1914 tutta di porcellana smaltata; ci sono pezzi degli Emirati Arabi, dell'Oman, dell'Arabia Saudita. C'è la targa della guardia nazionale dell'Iraq, quella diplomatica di Taiwan, quella di El Salvador. E l'elenco continua, dalla targa a forma di orso dei territori del Northwest del Canada ai numerossimi esemplari di Hawaii, Wyoming, Nevada.
«Ho una fitta rete di contatti in tutto il mondo con altri appassionati - precisa Alessandro -. Quasi ogni sera, via posta elettronica, mi scrivo con altri collezionisti, per scambi, ricerche, curiosità, aggiornamenti. Gli americani, in questo campo, sono i più ferrati. Organizziamo pure degli incontri internazionali». Contatti che , in vari casi, portano a scoperte insperate: Alessandro, ad esempio, è riuscito a ricomporre un pezzo italiano diviso fra due diversi collezionisti: la targa posteriore, infatti, era nelle mani di un francese, quella anteriore si trovava negli Stati Uniti.
Libanore ha anche realizzato un sito dedicato alla sua collezione: basta cliccare su www.targheinternazionali.it per trovare un accurato catalogo, con suddivisioni per Stati e periodi e con un dettagliato corredo fotografico. Il sogno nel cassetto di Alessandro? «Vorrei trovare una targa dello Stato del Vaticano: un pezzo ambitissimo. Forse, solo allora, potrò dire che la mia raccolta è terminata».
I.C.
 
 

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