- MILANO - Le auto rubate e ritrovate,
le avevano rimosse. Ma adesso, per aver fatto il loro dovere,
venti vigili urbani dovranno pagare i danni. In questi giorni,
infatti, a casa dei «ghisa» sono piovute richieste
di risarcimento da parte dellautocentro nel quale le vetture
rimanevano in deposito in attesa di essere ritirate dal proprietario.
«Una vicenda al limite del grottesco - ha spiegato Antonio
Barbato, portavoce del sindacato di base - che ci vedrà
costretti a prendere provvedimenti contro lamministrazione
che se ne lava le mani». Una storia che parte da lontano.
Da quando, cinque anni fa, il Comune stipula un contratto con
lautoparco «Pisano» che ha sede legale in via
Regaldi 35, vicino piazza Maciachini. Per cinque anni le auto
rimosse e caricate sul carro attrezzi finiscono lì. Ma
non tutte vengono poi reclamate: esattamente venti vetture. E
per ogni giorno di sosta la cifra da pagare aumenta. A questo
punto i titolari del deposito si rivolgono allamministrazione
comunale e presentano il conto. Ma il comando dei vigili, per
competenza, risponde picche con due lettere datate luglio e novembre
dello scorso anno.
Secondo i responsabili di piazza Beccaria, il contratto firmato
dalle parti fa riferimento a macchine che vengono lasciate in
deposito dopo essere state rimosse per divieto di sosta o sequestrate
per reati amministrativi e penali. Insomma, non si fa cenno a
quelle ritrovate dopo un furto.
Ecco lescamotage. Lautoparco Pisano recupera
i verbali di consegna che riportano la firma e la matricola dei
vigili e dà disposizione ai legali di avvalersi su di
loro. La somma reclamata varia da un minimo di 6 milioni 715
mila lire a un massimo di 17 milioni 140 mila richiesti ad una
vigilessa che nel deposito aveva trasportato due automobili.
«Cifre - continua Barbato - che un collega non guadagna
nemmeno in mesi di lavoro. Il nostro comando ha grosse responsabilità.
Non ci ha avvisati della querelle in corso e non
si è fatto carico delle somme da pagare, scaricando su
noi responsabilità che non ci competono. Abbiamo solo
fatto il nostro dovere. Non solo: qualcuno ha spifferato lindirizzo
dei vigili, in barba alla più elementare norma sulla privacy».
- Michele Focarete
-
- Corriere della Sera
Metropoli
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