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RAPPORTO ANNUALE "CESC–VIASAT" SUI FURTI D'AUTO
 

Roma, 2 agosto 2001
 

L'IDENTIKIT DEL "TOPO D'AUTO"


Come cambia una "professione": da "maestro" a disperato, da "solista" a pedina della criminalità organizzata

Roma, 2 agosto 2001 - Maschio nel 90-95 per cento dei casi. Giovane, anche sotto i vent'anni, raramente sopra i quarantacinque. Spesso tossicodipendente e, quasi sempre, recidivo per lo stesso tipo di reati. Il "topo d'auto" non appartiene più né allo stereotipo del "ladro gentiluomo" né a quello del "ladro maldestro". La figura tipica del ladro di auto si è, negli ultimi dieci-vent'anni, radicalmente modificato. Salvo rare eccezioni, con veri e propri esperti in tecnologie antifurto e metodi di neutralizzazione disattivazione, il predatore delle quattro ruote sembra assumere sempre più le sembianze dello sbandato, del disperato, che con cacciavite e grimaldelli tenta, quasi mai arrendendosi dopo la prima condanna, di "arrangiare" economicamente un'esistenza marginale o, frequentemente, anche solo di rifornirsi di droga.

L'identikit del ladro di automobili, insomma, oggi è distante anni luce dal cliché tradizionale, quello tramandatoci dalla letteratura e dalla cinematografia. Allora il "maestro" era sopra i 35 anni, aveva una sua dignità, un decoro e, soprattutto, agiva sulla base di un vero e proprio "codice deontologico professionale" per poter ottenere un più decente "stipendio" con cui mandare avanti una famiglia normale.

Nel suo ambiente, allora, era considerato un ‘’professionista’’, quasi un artista, che godeva di stima e di rispetto. Qualcuno arrivava ad identificarlo con un novello Robin Hood che toglieva i ricchi questo mezzo mobile di ostentazione del benessere per rimetterlo in un circolo più proletario. Il furto avveniva quasi sempre in modo scientifico, limitando al massimo i danni e selezionando bene non solo il veicolo da "espropriare" ma anche la vittima. Il tutto si svolgeva con uno stile da manuale, quasi come se il ‘’maestro’’ avesse attorno, sulla scena del delitto, i suoi allievi cui impartire una lezione di tecnica. Alle spalle del ladro d'auto c'erano carrozzieri compiacenti e non – come ora - agguerrite organizzazioni criminali e mafiose che con i proventi del mercato clandestino delle auto rubate finanziano altre attività illecite e molto più "invasive", come il commercio di stupefacenti, la prostituzione, il traffico di clandestini. Ora non è più così.

Sono poi moltissimi gli extra comunitari che trovano in questa forma di delitto, specie nelle grandi realtà urbane, un modo rapido e, tutto sommato, non troppo rischioso, di tentare di raggranellare qualche milione da corrieri e ricettatori.

Quasi mai, occorre ribadirlo, si va in carcere, anche dopo diverse condanne: è proverbiale, ed oramai tutt’altro che isolata, la notizia di ladri d'auto che dopo sette, otto sentenze, spesso patteggiate, di pochi mesi di pena virtuale e mai scontata, continuano ad ottenere la condizionale. E non è certo solo colpa dell'indulgenza di alcuni magistrati, ma delle maglie troppo larghe di una legislazione che consente, ai professionisti del grimaldello, di proseguire per anni nel loro nefasto percorso di furti senza mai vedere, nemmeno da lontano, l'ombra di una cella.

A sentirli, questi ‘’topi d'auto’’, alla sbarra, nelle loro risposte al giudice nel dibattimento penale, pare che i furti ‘’su commissione’’ quasi non esistano: i difensori, nelle arringhe ormai rituali, riprodotte come prodotti in serie, parlano quasi sempre "bravata" o, per gli imputati più giovani, di "ragazzata", di esistenze difficili, di famiglie disgregate, di cause lontane e profonde, e quant'altro.

Sembra difficile, però, che 222.872 furti denunciati nel 2000 non vedano una quota rilevante di mandanti, magari in rispettabili doppiopetto, segmentati in piccole e grandi organizzazioni criminali. Se l'anima di Cesare Lombroso potesse per un attimo resuscitare e studiare l'identikit del ladro d'auto del Terzo Millennio, forse non troverebbe troppe conferme delle sue estremistiche e discutibili teorie sulla riconoscibilità somatica e sulle stimmate anatomiche di questa "categoria professionale", ma certo rastrellerebbe un copioso repertorio di umanità disperata, afflitta, emarginata con alle spalle un vissuto di esistenze in cui, ad una improbabile predisposizione individuale, si accavalla il cocktail criminogeno della nostra società: ambienti frequentazioni, condizionamenti sociali.

E, soprattutto, un vuoto assoluto di controspinte preventive fondate su un sistema penale serio e su sanzioni non solo impresse sulla carta, ma severe ed effettiva. Altrimenti, è inevitabile che, magari anche con qualche alto e basso il numero dei furti d'auto resti imponente, e che per dormire tranquilli non resti altro che affidarsi, come in altri settori, alle tecnologie più efficaci e sofisticate.

 
 
 

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